"To stalk" significa letteralmente "inseguire furtivamente una preda", ed è questo che gli stalker fanno.
Individuano una vittima, iniziano a pedinarla, arrivando a conoscere le sue abitudini e i suoi amici.
Spesso si procurano il suo numero di telefono ed iniziano a chiamarla con insistenza, spediscono lettere o regali – sovente di natura più o meno dichiaratamente sessuale o “romantica”.
In alcuni casi cercano di introdursi a casa della vittima per osservare l’ambiente in cui vive e possibilmente prelevare qualche “souvenir” di natura intima.
Nessuna delle vittime di stalking si stupirebbe di trovare il suo ammiratore intento a frugare nella sua spazzatura o a spiarla dal marciapiede di fronte.
Di frequente lo stalker vive nell’illusione di intrattenere qualche tipo di rapporto intimo e profondo con la sua vittima, di natura sessuale o sentimentale.
Questo tipo di persone viene definita “erotomane”, ricorrente o permanente.
La forma permanente è a carattere cronico e decisamente più grave: il delirio è ossessivo e immutabile e può accompagnare il soggetto per tutta la vita, nonostante i ripetuti confronti con la realtà.
L’erotomane è infatti convinto di avere una relazione con la vittima, che però non può dimostrare apertamente il suo amore per vari motivi: è già sposata, è un personaggio pubblico… ogni gesto casuale è letto come se fosse un ben preciso “messaggio in codice”, teso a dimostrare che i sentimenti dello stalker sono corrisposti.
L’erotomane ricorrente è assai più subdolo: infatti riesce a mascherare molto meglio il suo delirio ed è, in un certo senso, più “padrone delle sue azioni”.
Secondo il Dipartimento di Polizia di Los Angeles il 9,5% degli inseguitori sono erotomani, i restanti sono in maggioranza ex-amanti respinti, ex-impiegati o molestatori che cercano di attirare l’attenzione.
Park Dietz, noto psichiatra forense e una delle massime autorità per l’erotomania violenta, ritiene che solo il 5% dei soggetti siano pericolosi.
Per effetto del rifiuto l’iniziale infatuazione si trasforma rapidamente in rabbia, seguendo le (elastiche) fasi di: telefonate minatorie, messaggi scritti, vandalismo e, infine, l’atto violento.
Etotomani e stalker in genere sembrano attratti dalle celebrità (17%) e dai personaggi pubblici (32%). Il 51% delle vittime sono comuni cittadini e il 13% ex-datori di lavoro.
John Hinckey, l’attentatore alla vita del presidente Reagan, agì in segno d’amore verso l’attrice Jody Foster ed è forse l’erotomane più famoso, insieme a Prasenjit Poddar, uno studente indiano che finì per uccidere Tanya Tarasoff, una studentessa ventenne di Berkeley. Malgrado Poddar avesse parlato delle sue intenzioni a più di una persona, tra cui uno psicologo di un centro del Servizio Sanitario Universitario, non fu fermato in tempo.
In Italia, Debora Rizzato, una ragazza di Trivero (Biella), venne stuprata da Emiliano Santangelo che, dopo aver scontato la condanna e senza aver mai smesso di minacciarla, dieci anni più tardi finì per ucciderla.
Come tutelarsi contro una stalker?
La prima cosa da fare è avvertire la polizia. Sorprendentemente la maggioranza delle vittime decide di non farlo, pensando che l’inseguitore smetterà da solo, sistancherà o darà ascolto alla ragione.
La seconda cosa da fare è ottenere un’ordinanza restrittiva da parte del tribunale, che impedisca allo stalker di avvicinarsi o di contattare le sue vittime.
Bisogna però sottolineare che generalmente queste persone non si lasciano turbare né da sanzioni, né da condanne, ed è probabile che violino le restrizioni.
Malgrado si stia diffondendo in ambito penale una nuova consapevolezza riguardo a questi casi, spesso la maggior parte della difesa dev’essere autodifesa: distribuire una foto dell’aggressore ad amici e conoscenti (oltre che alla polizia), riferire ogni incontro con lo stalker, tenere un diario, installare un allarme in casa, stare da soli il meno possibile.
In casi estremi c’è chi ha cambiato nome e si è trasferito.
Approfondimenti:
- sull'erotomania:
Franzini e Grossberg, Comportamenti bizzarri, Astrolabio, 1996
- sul caso Poddar
Davison, Neale, Psicologia clinica (2° ed.), Zanichelli, 2000